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La pesca non è per le femmine
Scrive Tina, mamma di tre maschietti
Ci stiamo preparando per una vacanza di tre settimane che inizierà tra tre settimane. Ancora non me ne rendo conto, mentre i miei tre maschietti la stanno aspettando già dalla fine della scuola, più che altro il più grande che va a pesca e deve preparare tutto prima di partire.
Non mi sarei mai immaginata che la gente, con più o meno di 10 anni di differenza d'età, possa stare ore e ore ferma con la canna da pesca in mano ad aspettare un pesce. Nel posto dove andiamo al mare puoi osservare queste persone già dalla prima serata. Ogni due metri c'è un pescatore, una borsa con gli accessori, le esche, e una conversazione accesa. Ogni anno portano più attrezzi e ne sanno di più sulla pesca. Vanno a pesca la mattina presto e poi a tarda sera. Se potessero, pescherebbero pure durante il giorno.
È bellissimo quando preparano la pescata sulla griglia. Sono pesci abbastanza piccoli che vengono mangiati anche con le lische.
Mi ricordo spesso di questo fatto durante l'anno scolastico dei miei tre figli. In quel momento mi domando se gli ho insegnato almeno un po' di perseveranza e pazienza. La canna da pesca lo prova.
La pesca secondo me è una cosa da uomini, che a me non interessa molto. Ma questo comunque mi sembra normale, visto che sono donna. Il problema però è che interessa ancora meno all'unico uomo della Famiglia:
Roberto: Andiamo a pesca!
Alberto: Mi dispiace, ma io non vado a pesca, te l'ho già detto. Non sarebbe meglio andare a giocare a basket?
Da quando Roberto, l'anno scorso, ha ricevuto la canna da pesca per il compleanno , non basta nemmeno più andare al mare. Lui pescherebbe sui fiumi, laghi e pozzanghere
Così, per la prima volta ci sono andata io. Abbiamo comprato il permesso per una canna, siamo andati al lago e abbiamo parlato un po' con gli altri pescatori. Come un vero professionista Roberto ha chiesto a cosa abboccano di più i pesci del lago, gli hanno risposto al mais. Dopo ci siamo messi sulla panchina dall'altra parte del lago.
E la pesca ha avuto inizio. Prima abbiamo dovuto disinstricare la lenza avvolta intorno al mulinello, poi posizionare il galleggiante, impastare e attaccare l'esca che cadeva sempre giù. La mia pazienza era già quasi finita all'inizio mentre quella di Roberto era ancora intatta.
Siamo rimasti a pescare per ben tre ore. Per tutto questo tempo siamo stati seduti a distanza di sicurezza mentre leggevo l'unica cosa da leggere che c'era: un libro sui pesci d'acqua dolce, che Roberto si era portato dietro per poter controllare cosa stava pescando. Lanciava l'amo lontanissimo perché, mi ha spiegato, i pesci veri nuotano solo dove l'acqua è profonda. Durante tutto il tempo continuava a rimettere l'esca e a ributtare l'amo.
Abbiamo anche parlato un po', poiché di tempo ne avevamo.
Io: Lo sai, Roberto, che la pesca di per sé è per gli uomini, visto la forma femminile non si usa?
Roberto: Come no, tu sei una pescatrice.
Ovviamente pensava di poter pescare un qualche pesce con almeno mezzo metro di distanza tra gli occhi, invece ha pescato un pesciolino piccolo. Non sono riuscita a fare la foto quando il pesce era ancora sull'amo e perciò si è po' arrabbiato – ma il pesce era proprio sull'amo, non ce lo siamo inventato!! Voleva portarsi il pesce dietro per poterlo mettere nell'acquario che avremmo comprato al ritorno a casa, per fortuna sono riuscita a convincerlo a lasciar stare.
Sono passati ormai due anni da quel giorno. Con Alberto non ci lasciamo convincere, però in casa adesso i pescatori sono già tre. Mi sembra molto bello che i bambini facciano cose che tu non sai o che non ti piace fare e che si prendano cura dei loro hobby da soli. Più che altro se si parla della pesca.
Perché io non voglio essere »pescatrice« nonostante ciò che dicono i vocabolari.
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